Liguri

Cartina della Liguria con l'indicazione delle principali  tribù dei "Liguri"

Diodoro Siculo ha saputo raccontare con particolare efficacia le caratteristiche dei Liguri: "… tenaci e rudi, piccoli di statura, asciutti, nervosi... Costoro abitano una terra sassosa e del tutto sterile e trascorrono un'esistenza faticosa ed infelice per gli sforzi e le vessazioni sostenuti nel lavoro ... A causa del continuo lavoro fisico e della scarsezza di cibo, si mantengono nel corpo forti e vigorosi. In queste fatiche hanno le donne come aiuto, abituate a lavorare nel medesimo modo degli uomini ... Generalmente le donne di questi luoghi sono forti come gli uomini e questi come le belve ... essi sono coraggiosi e nobili non solo in guerra, ma anche in quelle condizioni della vita non scevre di pericolo"[1].

Soprattutto nell’Età del Ferro emerge quella che può essere definita la loro duplice anima: una conservatrice e montana, l’altra evoluta e marittima, che “si manifesta con evidenza durante l’età del Ferro, rispettivamente nell’organizzazione difensiva dei castellari e nelle ricche necropoli ad incinerazione di Chiavari, Genova e Ameglia” [2].

Caratteristica principale dei Liguri l’assoluto desiderio di indipendenza. “… tanto da non riconoscere mai veri leader assoluti, né in pace né in battaglia. Somigliavano alla terra che abitavano, stabili come le aspre montagne, su cui di difendevano” [3]. I Liguri avevano un’organizzazione sociale “frammentata”, perché contraddistinta da una miriade di tribù legate fra loro da un comune “ethnos” e da una religiosità semplice e primitiva, accomunate da elementi sacrali e rituali (incinerazione dei defunti, uso delle tombe “a cassetta”) e da un forte spirito di indipendenza. Spesso erano mercenari, favoriti in questa scelta, dallo spirito di avventura, dalla sovrappopolazione e dalle condizioni economiche difficili e come documentato presso i Cartaginesi, i Galli, i Greci e gli stessi Romani. I guerrieri Liguri sono ricordati come avversari temibili: dotati di un armamento più leggero di quello dei Romani, riparati da un lungo scudo e da un elmo con corna in lamina metallica, alla maniera gallica. Temprati dall’asprezza del territorio in cui vivono, sono dotati di grande resistenza fisica: “Per certo si dice che spesso in guerra il più forte dei Galli fu sconfitto da un minuto Ligure che lo aveva sfidato a duello” [4].

Fu l’incontro, ma soprattutto lo scontro con Roma, tra il 237 a.C. e la sconfitta di Cartagine del 180 a.C., che piano piano decretò, fiaccandone il millenario spirito di indipendenza, la fine di questo popolo tra i più antichi e meno conosciuti del Mediterraneo, con la sua completa e definitiva assimilazione istituzionale e politica al mondo romano.

 [1] Diodoro Siculo 

[2] Enzo Bernardini – Itinerari archeologici: Liguria -Newton Compton Editori

[3] Umberto Curti – Il cibo in Liguria – De Ferrari Editore

[4] Diodoro Siculo

I Liguri nelle parole di Diodoro Siculo [1]

"Dopo aver esposto la storia dei Galli, dei Celtiberi oltreché degli Iberi passeremo ai Liguri.. Questi abitano una terra scabra, del tutto infeconda e vivono una sorta di vita gravosa e inclemente a causa della fatiche e delle ininterrotte tribolazioni connesse al loro lavoro. Siccome infatti il loro paese è fitto di alberi alcuni di essi tagliano legna tutto il giorno portandosi dietro possenti e pesanti scuri di ferro. Altri, tutti presi a lavorare la terra, spaccano perlopiù pietre essendo il terreno oltremodo roccioso. Con i loro attrezzi infatti non tirano su una zolla senza una pietra. Pur sopportando una tale angustia nelle attività, con l’accanimento la spuntano sulla natura e dopo aver molto ostentato raccolgono pochi prodotti e a malapena. In seguito alle diuturnità delle prestazioni fisiche e alla scarsezza del vitto hanno corpi snelli e gagliardi. Nel tener testa ad una tale strapazzo hanno al loro fianco le donne aduse a lavorare alla medesima stregua degli uomini. Fanno frequenti battute di caccia nelle quali, catturando parecchia selvaggina, rimediano alla scarsità di frutti del suolo. Cosicché, passando la vita su monti coperti di neve e assuefatti a valicare passi incredibilmente ripidi, sviluppano corpi scattanti e muscolosi. Alcuni per la penuria di prodotti agricoli delle loro zone bevono acqua, mangiano carni degli animali sia domestici sia selvatici e si saziano degli erbaggio locali possedendo proprio la regione che è inaccessibile alle più amate tra tutte le divinità, Demetra e Dionisio. Trascorrono inoltre le notti sui campi, raramente in certi poveri casolari o capanne, il più delle volte però in cavità rocciose e spelonche naturali atte a procurare bastante riparo. In accorto con tali consuetudini compiono anche le altre cose conservando l’originari e non ricercato modo di vivere. In generale in questi luoghi le donne hanno l’energia e il coraggio degli uomini, gli uomini quelli delle fiere. Si racconta per esempio che nelle imprese militari il più imponente dei Galli è stato sfidato a duello e messo fuori combattimento da un Ligure di magrezza estrema. I Liguri hanno un armamento di assetto più agevole di quello dei Romani. Li protegge infatti uno scudo oblungo foggiato alla maniera gallica e una tunica raccolta da una cinghia; si ravvolgono in pelle di animali selvatici additandoci una spada su misura. Taluni di essi tuttavia, da quando fanno parte dello Stato romano, hanno modificato l’armamento rendendosi simili ai dominatori. Sono intrepidi ed hanno maschia prova della loro stirpe non solo in guerra ma anche e proprio nelle circostanze della vita che implicano terribili confronti. A scopo di commercio navigano infatti attraverso il mare di Sardegna e della Libia gettandosi risolutamente in pericoli nei quali è impossibile sperare aiuto. Perché, valendosi di imbarcazioni più rudimentali delle zattere e quasi totalmente sprovviste delle attrezzature usuali in una nave, affrontano in modo sbalorditivo le circostanze più terrificanti scatenate dalla tempesta".


[1]  Diodoro Siculo è uno storico siceliota (abitante delle poleis greche di Sicilia), autore di una monumentale storia universale, la Bibliotheca historica, vissuto tra il 90 e il 27 a.C. circa.